Migration Bulletin #9: Suicidio nel CPR di Torino.

Oiza Q. Obasuyi
2 min readMay 24, 2021

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Ph. via DinamoPress (2019)

Si chiamava Musa Balde, era originario della Guinea, aveva 23 anni e si è suicidato nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Torino, dove era rinchiuso in isolamento sanitario. Lo scorso 9 maggio, Balde aveva subito un’aggressione violenta — tra gli oggetti utilizzati vi erano spranghe e bastoni — da parte di tre cittadini italiani all’uscita di un centro commerciale di Ventimiglia.

Gli inquirenti stanno ancora indagando sull’accaduto, apparentemente la lite sarebbe scaturita dopo il tentato furto di un cellulare. Dopo l’identificazione da parte delle forze dell’ordine sono stati denunciati per lesioni. Il ragazzo era stato portato all’ospedale di Bordighera dove è stato dimesso dopo con una prognosi di 10 giorni per lesioni e trauma facciale — Editoriale Domani

Secondo Gianfranco Schiavone dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione (ASGI) ci sono questioni gravi e irrisolte sulla vicenda, tra cui la mancanza della concessione di un permesso di soggiorno a Balde, nonostante sia stata vittima e testimone di violenza in Italia; il fatto che il suo rimpatrio fosse a rischio dato il Paese di provenienza e che, nonostante questo, la prefettura di Imperia abbia comunque emanato un permesso di espulsione in violazione dell’articolo 19 del Testo Unico Sull’Immigrazione. Balde non doveva quindi trovarsi in un CPR, soprattutto alla luce di quanto accaduto prima del suo suicidio.

I CPR sono centri di detenzione dove vengono portate le persone sans-papier (senza documenti) non comunitarie e/o che solitamente sono in attesa di espulsione. La legittimità dell’esistenza di questi centri è costantemente messa in discussione: secondo il rapporto No one is looking at us anymore, inerente alle condizioni in cui vivono uomini e donne migranti nei centri di detenzione d’Italia, negli anni ci sono state diverse denunce sulle violazioni dei diritti umani nel CPR di Torino, dalla scarsa assistenza sanitaria allo scarso numero, se non assente, di attività ricreative. Nel rapporto vengono ricordati due uomini: Fathi Manai, originario della Tunisia, trovato morto nel letto della sua cella nel 2008 a causa di una polmonite mai curata; Faisal Hossai, originario del Bangladesh, morto nell’ “Ospedaletto” del centro di detenzione nel 2019.

Nonostante le proteste di detenuti e detenute e gli episodi di violenza da parte delle forze dell’ordine puntualmente denunciati, le condizioni nei centri di detenzione per migranti continuano a rimanere le stesse. I CPR, oltre a essere un esempio lampante del fallimento delle politiche migratorie, vanno chiusi alla luce delle evidenti condizioni insostenibili e dell’inesistenza del rispetto dei diritti umani di chi si trova in tali centri.

Nel frattempo, i migranti del CPR di Torino hanno dato inizio a uno sciopero della fame chiedendo giustizia e verità su quanto accaduto a Balde e protestando contro la morte di quest’ultimo.

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Oiza Q. Obasuyi

1995 | MA International Relations Unimc| Freelance writer -The vision, Internazionale, Melting pot Europa | Contributor& Jr Researcher CILD - Open Migration