Migration Bulletin #6: Cinque anni dall’accordo UE-Turchia

Oiza Q. Obasuyi
5 min readMar 18, 2021

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Ph. Kostantinos Tsakalidis, Al Jazeera, via Refugee.info

Cinque anni dall’accordo UE-Turchia*

Sono passati cinque anni dall’accordo concluso tra l’Unione Europea (UE) e la Turchia (EU-Turkey Statement) nel 2016. Tramite questo accordo, la Turchia è divenuta uno dei Paesi terzi con cui l’UE collabora per il contenimento dei flussi migratori provenienti prevalentemente da Paesi del Medio Oriente quali, ad esempio, la Siria e l’Afghanistan. I tre punti principali dell’accordo sono i seguenti:

  1. “Tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a decorrere dal 20 marzo 2016 saranno rimpatriati in Turchia, nel pieno rispetto del diritto dell’UE e internazionale, escludendo pertanto qualsiasi forma di espulsione collettiva. Tutti i migranti saranno protetti in conformità delle pertinenti norme internazionali e nel rispetto del principio di non-refoulement[…]”.
  2. “Per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia all’UE tenendo conto dei criteri di vulnerabilità delle Nazioni Unite. Sarà istituito, con l’assistenza della Commissione, delle agenzie dell’UE e di altri Stati membri nonché dell’UNHCR, un meccanismo inteso a garantire l’attuazione di tale principio a decorrere dallo stesso giorno dell’avvio dei rimpatri. La priorità sarà accordata ai migranti che precedentemente non siano entrati o non abbiano tentato di entrare nell’UE in modo irregolare[…]”.
  3. “La Turchia adotterà qualsiasi misura necessaria per evitare nuove rotte marittime o terrestri di migrazione irregolare dalla Turchia all’UE e collaborerà con i paesi vicini nonché con l’UE stessa a tale scopo”.

A ciò si è aggiunta la creazione di hotspot, centri di detenzione e campi profughi nelle isole greche in cui vengono concentrate tutte le persone migranti e rifugiate. Nel corso degli anni le condizioni dei migranti sono peggiorate proprio a causa di questo accordo.

La maggior parte dei richiedenti asilo e dei rifugiati è accolta in strutture sovraffollate con standard igienico-sanitari al di sotto dei minimi umanitari, varie Ong denunciano come molte persone abbiano problemi psicologici e tentino il suicidio a causa delle disastrose condizioni di vita a cui sono costretti. Queste misure hanno esasperato lo scontro sociale, soprattutto nelle isole, che ha visto gruppi di estrema destra mettere in pratica gravi episodi di violenza contro richiedenti asilo, le Ong e i volontari, i giornalisti che tentavano di documentare.— dal dossier di RiVolti ai Balcani

Benché il “[…] pieno rispetto del diritto dell’UE e internazionale, escludendo […] qualsiasi forma di espulsione collettiva” sia uno dei capisaldi evidenziati nell’accordo, le espulsioni collettive (in violazione dell’Art. 4 Protocollo n. 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’Art. 33 della Convenzione di Ginevra) compiute dalle autorità greche sono aumentate — come è stato evidenziato dai rapporti Pushback Report 2020, della ONG Mare Liberum e Crimes Against Humanity in the Aegean del Legal Centre Lesvos. Inoltre, già nel 2017, Amnesty International aveva affermato che l’accordo, finalizzato al rinvio dei richiedenti asilo in Turchia e fondato sulla premessa che la Turchia sia un paese sicuro per loro, non ha raggiunto gli obiettivi che si era dato ma ha lasciato migliaia di persone in condizioni “squallide e insalubri” sulle isole della Grecia.

Investigation links Greek Coast Guard to illegal migrant pushbacks in the Mediterranean by Deutsche Welle

Non mancano le testimonianze inerenti al coinvolgimento di Frontex—l’agenzia europea per il controllo delle frontiere terrestri e marittime — nei respingimenti illegali, come è stato più volte documentato da Der Spiegel nelle inchieste inerenti al trattamento di uomini e donne migranti respinti verso la Turchia. La Turchia, come viene spiegato in un articolo del Legal Centre Lesvos, non è un Paese sicuro:

La protezione internazionale in Turchia è tecnicamente disponibile solo per le persone in fuga da eventi verificatisi prima del primo gennaio 1951 e solo dai paesi europei, poiché la Turchia non è firmataria del protocollo del 1968 alla Convenzione di Ginevra, che ha ampliato la sua protezione sia temporalmente che geograficamente. La legge turca del 2013 sugli stranieri e sulla protezione internazionale (LFIP) prevede solo uno status di rifugiato che offre una serie di diritti inferiore rispetto alla protezione internazionale garantita dalla Convenzione di Ginevra […].

Le deportazioni dei richiedenti asilo dalla Turchia sono di routine: il rimpatrio di persone le cui domande di asilo sono ancora in sospeso è reso possibile dalle scappatoie al principio di non respingimento di cui all’articolo 54 LFIP, modificato dal DPR n. 676 a seguito del fallito tentativo di colpo di stato del 2016 e dalla legge 7070. È consentita la deroga al principio di non respingimento per le persone fisiche: minaccia di ordine pubblico (applicata a chiunque abbia un accusa, nemmeno una condanna); avere una “relazione” o essere “associato a” un’organizzazione terroristica (completamente indefinito); e violare i termini per l’ingresso legale in Turchia (in pratica, tutti i migranti) o tentare di uscire illegalmente dalla Turchia (come i migranti che viaggiano irregolarmente in Grecia). Il ricorso contro una decisione di allontanamento è possibile entro sette giorni, ma l’assistenza legale è così scarsa che la maggior parte delle persone non è in grado di accedere alla rappresentanza per presentare un ricorso.

Umit Bektas, Migranti attraversano il fiume Evros per arrivare in Grecia, ph. Umit Betkats/Reuters, via The New Humanitarian

Infine, le condizioni nei centri di detenzione in Turchia sono disumane e degradanti: i migranti possono essere detenuti in Turchia per un massimo di un anno senza bisogno di fornire un motivo e senza supervisione giudiziaria.

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Nonostante i numerosi appelli da parte di ONG, rapporti e documenti che dimostrano come questo approccio securitario e che viola i diritti umani di donne e uomini migranti sia completamente fallimentare, l’UE continua ad adottare questo metodo di esternalizzazione delle frontiere e di respingimenti per la gestione dei flussi migratori.

*Si consiglia la lettura dell’articolo dal titolo L’interazione tra accordi internazionali dell’Unione Europea ed accordi conclusi dagli Stati membri con Stati terzi per il contrasto dell’immigrazione irregolare, della rivista Diritto, Immigrazione e Cittadinanza. L’articolo tratta dell’approccio sempre più frequente, e preoccupante, dell’UE di adottare accordi informali con paesi terzi di dubbia legittimità.

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Oiza Q. Obasuyi

1995 | MA International Relations Unimc| Freelance writer -The vision, Internazionale, Melting pot Europa | Contributor& Jr Researcher CILD - Open Migration