Migration Bulletin #4: Italia e società privata in tribunale per respingimenti in Libia. Nuove indagini su Frontex. Respingimenti illegali in Francia.

Oiza Q. Obasuyi
6 min readFeb 21, 2021

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Photo via UNITED NATIONS SUPPORT MISSION IN LIBYA, 2018

Italia e società privata portate in tribunale per respingimenti in Libia

Cinque cittadini eritrei, con il sostegno dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e Amnesty International Italia, hanno lanciato un’azione legale contro il Governo Italiano e un’azienda privata, che avrebbe aiutato l’Italia ad effettuare un respingimento di migranti in Libia.

Nel tentativo di fuggire dalla Libia, paese in cui avevano sofferto gravi abusi e violazioni, il 30 giugno 2018 cinque eritrei si imbarcano su un gommone assieme ad altre 150 persone. Dopo due giorni passati in mare, in avaria e ad un passo dal naufragio, i migranti vengono raccolti dalla motovedetta libica Zwara. A bordo però ci sono altri naufraghi, e la presenza di così tante persone — unita alle condizoni del mare notevolmente peggiorate — porta in breve tempo la motovedetta a lanciare un allarme. […]Secondo quanto ricostruito dai legali, entra in gioco a questo punto la Marina italiana. La nave Caprera, di stanza a Tripoli, invia istruzioni ad una nave privata, la Asso Ventinove, della flotta della società privata Augusta Offshore, chiedendole di raggiungere la motovedetta libica. L’imbarcazione privata è in quel momento sulla rotta che da Tripoli la conduce alla piattaforma petrolifera Bouri Field, tra le più grandi del Mediterraneo. Il comandante della Asso Ventinove risponde positivamente all’appello, cambia rotta e segue le indicazioni ricevute dalla Caprera. Sul posto è presente anche il pattugliatore Duilio, sempre della marina italiana. Arrivata sul posto, come indica l’avvocato di Asgi, Giulia Crescini, la Asso Ventinove si affianca alla motovedetta libica e fa salire tutte le oltre 200 persone a bordo. L’operazione si conclude in piena notte: vengono tutti portati a Tripoli dalla Asso Ventinove, che trascina con un cavo rimorchio la motovedetta libica.— Euronews

Bisogna tener presente che le navi italiane sono da considerarsi territorio italiano a tutti gli effetti e secondo l’Articolo Articolo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU): “Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo primo della presente Convenzione”. Nel caso Hirsi Jamaa c. Italia, in cui l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei dirtitti dell’Uomo per aver violato l’Articolo 4 Protocollo n. 4 della CEDU — “Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate”, l’Articolo 3 — “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”; è stato sottolineato che nel momento in cui i cittadini eritrei e somali coinvolti nel respingimento del caso Hirsi Jamaa venivano riportati indietro, si trovavano su una nave della Marina Italiana (motivo per cui la Corte ha unanimamente affermato che i cittadini eritrei e somali erano sotto giurisdizione dell’Italia proprio alla luce dell’Articolo 1 della Convenzione).

Si presenta quindi uno scenario analogo, con la differenza che, in questo caso, la Marina Italiana ha “semplicemente” coordinato le operazioni scaricando la responsabilità sulla società Augusta Offshore:

“Delle persone sono state riportate in Libia a bordo di una nave italiana, con coordinamento effettuato da militari italiani”, sottolinea [avvocato] Crescini. “Una volta sbarcati, tutti i respinti sono finiti nei centri di detenzione. Inclusa una donna incinta di otto mesi, che partorirà pochi mesi dopo. Il personale OIM [Organizzazione internazionale delle migrazioni, n.d.R.] non ha risposto alle nostre richieste di informazioni, e l’altra agenzia Onu, UNHCR, qualche giorno dopo intervisterà i cinque cittadini eritrei — da considerarsi rifugiati -, raccoglierà le loro storie ma non farà mai alcuna segnalazione” — Euronews

Ricordiamo che per evitare una condanna simile a quella del caso Hirsi Jamaa, l’Italia si serve del Memorandum d’Intesa con la Libia per contenere i flussi migratori e far completare le operazioni di “salvataggio” alla Guardia Costiera Libica. Questo metodo si chiama esternalizzazione delle frontiere ma questa operazione di deresponsabilizzazione dalle operazioni di salvataggio porta comunque a gravi violazioni dei diritti umani inerenti alla violazione del principio di non respingimento (Art. 33 Convenzione di Ginevra; Art. 4 Prot. n. 4 CEDU) e alla collaborazione cooperazione con la Libia—già categorizzato come paese non sicuro per i e le richiedenti asilo — che a sua volta si rende artefice di ulteriori violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione libici.

Nuove indagini su Frontex

L’agenzia europea della guardia costiera e frontiera, Frontex, è attualmente sotto indagine a seguito di numerose denunce e rapporti inerenti al suo coinvolgimento in respingimenti illegali e violenze nei confronti dei e delle richiedenti asilo. Tuttavia è stata aperta una nuova indagine, su iniziativa della Mediatrice europea Emily O’ Reilly, inerente ai documenti relativi al posizionamento delle navi utilizzate nelle operazioni marittime, nel Mar Egeo. L’europarlamentare Sira Rego, lo scorso anno, aveva infatti accolto la richiesta di alcuni giornalisti di Lighthouse House Reports (agenzia no profit di giornalismo investigativo) di fornire i dati sul posizionamento delle navi Frontex per indagare sui respingimenti illegali nel Mar Egeo. Frontex si è rifiutata di fornire tali documenti all’europarlamentare Rego, aggiungendo, dopo una serie di discussioni, che tali documenti erano inesistenti o inaccessibili.

Tuttavia, sono molti rapporti sul coinvolgimento di Frontex nei respingimenti illegali nell’Egeo: un gruppo di avvocati del Legal Centre Lesvos, in una lettera indirizzata al direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, ha chiesto l’immediata sospensione delle operazioni dell’agenzia alla luce del gran numero di prove inerenti alle espulsione collettive di richiedenti asilo e alla mancata protezione dei diritti umani degli individui. In aggiunta, il gruppo ha affermato di essere pronto per portare il caso di fronte alla Corte di Giustizia Europea.

Infine, Leggeri continua a negare le accuse dicendo che le persone respinte verso la Turchia dalla guardiacostiera greca, vi tornano volontariamente perché consapevoli di non avere diritto alla protezione internazionale. Eppure, come riportato dal Refugee Support Aegean, più dei due terzi delle 29,490 richieste di asilo esaminate nella prima metà del 2020, erano state giudicate come positive.

Frontex al lavoro durante un’operazione di salvataggio @European Union 2016 — Frontex, via Parlamento Europeo

Respingimenti illegali in Francia

In un rapporto dell’11 febbraio, la Commission Nationale Consultative des Droits de l’Homme, ha denunciato una serie di violazioni dei diritti uman fondamentali da parte delle autorità francesi nei confronti di richiedenti asilo a Calais e a Grand Synthe. La Commissione ha anche sottolineato la necessità di trovare una soluzione adeguata e alternativa agli sgomberi violenti e continui ai danni dei richiedenti asilo che alloggiano negli accampamenti rudimentali, in condizioni inumane e degradanti.

Photo: Sebastien Courdji/EPA via The Guardian

Non mancano i respingimenti illegali verso l’Italia sulle alpi francesi: un gran numero di migranti ha denunciato sia il mancato accesso alle procedure per formalizzare la richiesta di asilo che una serie di respingimenti sistematici.

Polizia di frontiera francese a Montgenèvre | Photo: Mehdi Chebil, via Info Migrants

La violenza della polizia in Francia è stata più volte denunciata dalle associazioni per i diritti umani, soprattutto per quanto concerne il trattamento dei rifugiati: si pensi alle violazioni commesse dalla polizia di frontiera a Ventimiglia nei confronti di migliaia di persone a cui vengono negate le procedure basilari per la richiesta di asilo; o all’uso massiccio della violenza da parte della polizia ai danni dei rifugiati in Place de la République, nel centro di Parigi, tra cui diverse famiglie che dormivano nelle tende allestite da alcune ong, tra cui Utopia 56, un’organizzazione per la protezione dei rifugiati (novembre 2020). Le associazioni e i migranti volevano dare visibilità al problema attraverso una protesta pacifica, per denunciare la mancanza di una soluzione efficace dopo i continui sgomberi ai danni dei richiedenti asilo. La cosa, però, è stata immediatamente repressa dalla polizia che, la notte del 23 novembre 2020, ha sgomberato la piazza cogliendo i rifugiati di sorpresa mentre dormivano, scaraventandoli fuori dalle tende e utilizzando lacrimogeni.

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Oiza Q. Obasuyi

1995 | MA International Relations Unimc| Freelance writer -The vision, Internazionale, Melting pot Europa | Contributor& Jr Researcher CILD - Open Migration