Migration Bulletin #1: Le indagini su Frontex e l‘Italia condannata dall’ONU per il naufragio dei migranti nel 2013

Oiza Q. Obasuyi
5 min readJan 31, 2021

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Via frontex.europa.eu

Contesto legislativo da tenere in considerazione:

  1. Articolo 19 (1;2) della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: “Le espulsioni collettive sono vietate”; “Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti” || Articolo 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: “Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea […].
  2. Articolo 4 Protocollo 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: “Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate”.

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Frontex sotto inchiesta per respingimenti illegali

L’Ufficio Antifrode dell’Unione Europea (European Anti-Fraud Office, OLAF) sta indagando sulla complicità di Frontex, l’agenzia europea della guardia frontiera e costiera, nei respingimenti di migranti. Il motivo risiede nel sempre più crescente numero di rapporti e articoli che denunciano violenze e respingimenti illegali sulle frontiere, via terra e via mare. Tra questi, Der Spiegel, testata giornalistica tedesca, in un suo rapporto dal titolo EU Border Agency Frontex Complicit in Greek Refugee Pushback Campaign (23 ottobre 2020) in cui sono state incluse diverse testimonianze di donne e uomini migranti, ha reso nota la complicità di Frontex nei respingimenti di rifugiati e richiedenti asilo che la Grecia ha effettuato sistematicamente, senza che a questi ultimi venisse garantito: il salvataggio immediato e l’accesso alle procedure per formalizzare la richiesta di asilo.

  • Ricordiamo che si tratta di obblighi sanciti rispettivamente dall’Articolo 98 della convenzione UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea, Montego Bay, 1982) e dall’Articolo 18 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Inoltre, non mancano le testimonianze inerenti a un simile atteggiamento avuto in collaborazione con l’Ungheria, nelle operazioni di monitoraggio e controllo al confine con la Serbia, già condannata più di una volta dalla Corte di Giustizia Europea per la violazione di norme europee in materia di asilo, a partire dalla detenzione arbitraria di migranti, fino alla più recente sentenza (17 dicembre 2020) riguardante sia i respingimenti illegali che il non aver garantito l’accesso alle procedure di asilo. Alla luce di questi avvenimenti, Frontex ha quindi recentemente deciso di sospendere la sua collaborazione con la polizia di frontiera ungherese che, nonostante le sentenze, ha continuato a respingere rifugiati e richiedenti asilo mentre le autorità di Frontex erano presenti e consapevoli— come ha documentato l’Hungarian Helsinki Committee, organizzazione non governativa per i diritti umani.

Sia il Parlamento Europeo — in particolare il partito dei Socialisti e Democratici e il partito dei Verdi—che Ylva Johansson, commissaria agli Affari Interni della Commissione Europea, hanno chiesto chiarimenti e supportano l’indagine. Tuttavia, bisogna tener presente che la non-trasparenza e le violazioni di Frontex vengono documentate da anni (vedi The Human Cost of Fortress Europe, 2014, di Amnesty International; The EU’s dirty hands, 2011, di Human Rights Watch e Frontex ignore rights violations at the Evros border, 2020, di Border Violence Monitoring Network).

via United Nations

L’Onu condanna l’Italia

Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato l’Italia per non aver risposto prontamente alle richieste di soccorso sulla barca che conteneva 400 persone, tra adulti e minori, e che è poi naufragata l’11 ottobre del 2013 — morirono 268 persone siriane e palestinesi, tra cui 60 bambini.

La sentenza è stata emanata a seguito del ricorso effettuato da quattro sopravvissuti siriani e palestinesi che hanno perso le loro famiglie durante il naufragio. Secondo il Comitato l’Italia non ha garantito la protezione del diritto alla vita. Il processo contro i comandanti delle sale operative della Marina militare e della guardia costiera è iniziato da poco, inoltre:

[…]è tuttora in corso l’inchiesta sul ruolo della comandante di Nave Libra, Catia Pellegrino , che su ordine del Comando in capo della squadra navale della Marina si era allontanata dal peschereccio alla deriva e nemmeno aveva lanciato in volo l’elicottero di bordo, per valutare al più presto la situazione. Il pattugliatore della Marina era ad appena un’ora di navigazione: una distanza di diciassette miglia nautiche, percorribili dall’elicottero in una decina di minuti. Per questo il Comitato delle Nazione Unite per i Diritti umani […] condanna l’Italia a risarcire i danni subiti dai sopravvissuti al naufragio, in compartecipazione con Malta — L’Espresso.

L’Italia è inoltre tenuta a spiegare le motivazioni del ritardo nei soccorsi, poiché nonostante il coinvolgimento di Malta nelle operazioni di Search and Rescue (Ricerca e Soccorso), chi si trovava sulla barca ha provato a contattare l’Italia per molto tempo, per poi sentirsi dire (alle ore 13:00) di attendere i soccorsi maltesi. Ma quando questi ultimi arrivarono (alle ore 17:50), la barca era già affondata — i soccorsi italiani arrivarono solo dopo le ore 18:00.

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Nonostante queste importanti prese di posizione da parte delle istituzioni internazionali ed europee è necessario ricordare che l’attuale sistema migratorio è basato su meccanismi fatti di respingimenti, violenze e mancanza di soccorso. L’approccio dell’Unione Europea non solo continua a mostrarsi deleterio per quanto concerne la protezione dei diritti umani, ma non è affatto lungimirante né è improntato sulla creazione di una mobilità umana sicura e accessibile per tutti e tutte — dove per tutti e tutte, si intendono persone che provengono principalmente, e non a caso, da Paesi in via di sviluppo. La richiesta di un visto, per esempio, viene rigettata più e più volte dai Paesi dell’area Schengen, costringendo le persone a spostarsi per altre vie. Ci troviamo di fronte a fratture e disuguaglianze sistemiche mai sanate nell’ambito della mobilità internazionale.

  • Per approfondire questo tema consiglio l’esempio fornito dal rapporto LEGAL PATHWAYS FOR MIGRATION di SOLIDAR sulle migrazioni dall’Africa all’UE e le problematiche inerenti alla mobilità.

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Oiza Q. Obasuyi

1995 | MA International Relations Unimc| Freelance writer -The vision, Internazionale, Melting pot Europa | Contributor& Jr Researcher CILD - Open Migration